giovedì 31 ottobre 2019





Giornale di Dalmazia del 14 settembre 1943

IL 25 LUGLIO (ore 17) - Mussolini viene convocato dal re; lo informa della sua destituzione (il Re dimentica il suo "io saro' sempre al suo fianco") e nell'accomiatarsi gli fa trovare fuori in giardino (pur sempre casa sua!) i carabinieri per arrestarlo ("per la sua incolumità" dirà poi il re). Ma l'arresto dell'ospite in casa reale, scandalizzò perfino la stessa regina Ecco il suo racconto, fatto in una intervista nel marzo 1950, pubblicata su "Storia illustrata" del luglio 1983: "Eravamo in giardino. A me non aveva ancora detto nulla. Quando un emozionato Acquarone ci raggiunse, e disse a mio marito "Il generale dei carabinieri desidera, prima dell'arresto di Mussolini, l'autorizzazione di Vostra Maestà". Io restai di sasso. Mi venne, poi da tremare quando sentii mio marito rispondere "Va bene. Qualcuno devi prendersi la responsabilità. Me l'assumo io". Poi salì la scalinata con il generale. Attraversavo l'atrio quando Mussolini arrivò. Andò incontro a mio marito. E mio marito gli disse "Caro duce, l'Italia va in tocchi...". Non lo aveva mai chiamato così, ma sempre "eccellenza". Io nel frattempo salii al piano superiore, mentre la mia dama di compagnia, la Jaccarino attardandosi nella saletta era rimasta giù e ormai non poteva più muoversi. Più tardi mi riferì tutto. Mi narrò che mio marito aveva perso le staffe e si era messo a urlare contro Mussolini, infine gli comunicò che lo destituiva e che a suo posto metteva Badoglio. Quando poi la Jaccarino mi raggiunse, dalla finestra di una sala, vedemmo mio marito tranquillo e sereno, che accompagnava sulla scalinata della villa, Mussolini, Il colloquio era durato meno di venti minuti. Mussolini appariva invecchiato di vent'anni. Mio marito gli strinse la mano. L'altro mosse qualche passo nel giardino, ma fu fermato da un ufficiale dei carabinieri seguito da soldati armati. Il dramma si era compiuto. Mi sentivo ribollire. Per poco non sbattei contro mio marito, che rientrava. "E' fatta" disse piano, lui. "Se dovevate farlo arrestare" gli gridai a piena voce, indignata "..questo doveva avvenire fuori casa nostra. Quel che avete fatto non è un gesto da sovrano...". Lui ripetè "Ormai è fatta" e cercò di prendermi sotto braccio, ma io mi allontanai di scatto da lui, "Non posso accettare un fatto del genere" dissi "mio padre non lo avrebbe mai fatto" poi andai a rinchiudermi nella mia camera"
RELAZIONE DI MUSSOLINI SUL SUO ARRESTO
(Articolo pubblicato postumo dal " Meridiano d'Italia', - il 20 aprile 1947)
« Discendendo la scalinata di villa Savoia, fui sorpreso di non trovare la mia macchina ad attendermi. Con il pretesto che l'udienza si sarebbe protratta a lungo e che occorreva lasciare libero il piazzale, essa era stata avviata in un viale adiacente. « Mi arrestai a metà dello scalone e chiesi al maggiordomo di Casa reale di far avanzare la mia vettura. Nello stesso istante sopraggiungeva una autoambulanza della Croce Rossa. Un colonnello dei carabinieri, staccandosi da un plotone formato da ufficiali e da militi, mi si avvicinò: « Eccellenza - mi disse - vi prego salire nell'autoambulanza. Sorpreso, protestai. Il colonnello rispose che quello era l'ordine. « Devo proteggere la vostra vita, eccellenza - soggiunse, manifestamente astenendosi di usare il termine duce. - Quindi intendo eseguire l'ordine ricevuto.
Compresi di essere caduto in una trappola. Ma non c'era nulla da fare. Bisognava inchinarsi davanti alla forza. Salii dunque sull'autoambulanza: lercia, ve lo assicuro. (l'ambulanza era lorda di sangue, per aver poco prima trasportato feriti del bombardamento - Ndr). Non vi nascondo che in quel momento malignamente pensai che i traditori intendessero in tal modo offendermi, adeguando secondo loro il contenente al contenuto. Con me salirono il colonnello, due carabinieri in borghese e due in divisa. Tutti armati di fucile mitragliatore. L'autoambulanza partì a strappo e attraversò i quartieri di Roma a tale andatura, che ad un certo momento pregai l'ufficiale di dar l'ordine di moderare la corsa. « Qui finiremo con l'investire qualche disgraziato e con lo sfasciarci contro un muro - dissi. « Ci arrestammo nel cortile della caserma Podgora, dei carabinieri, in via Quintino Sella. Fui fatto scendere e sostare per circa un'ora, strettamente sorvegliato, nella stanza attigua al corpo di guardia. Alla mia richiesta di spiegazioni, l'ufficiale che mi aveva accompagnato rispose: - E' stato necessario prendere delle misure per proteggervi dal furore popolare. Bisognerà far perdere le vostre tracce ».

Dopo la liberazione dal Gran Sasso, da parte di unità speciali tedesche, e la successiva permanenza a Monaco, Mussolini torna in Italia per dar vita al programma enunciato alla radio pochi giorni prima.

Alla Rocca delle Caminate (Forlì), viene accolto dai militi della Guardia del Duce, composta da elementi della disciolta MVSN e volontari accorsi alla notizia del ritorno del Capo del Fascismo. La sicurezza del Duce, in accordo con il Comandante della GNR Gen. Ricci, viene affidata alla Legione "M" comandata dal Col. Fortunato Albonetti ed reparti della "SS-Leibstandarte Adolf Hitler". Organizzata in due battaglioni e quattro compagnie, rimase nella zona di Forlì sino all'Ottobre 1943, dove ebbe duri e sanguinosi scontri contro formazioni partigiane, preludio a quelli in Val d'Ossola e Valtellina. Con il cambio di sede del Governo, la Legione viene dislocata dove è il cuore della vita privata e pubblica di Mussolini: Salò; qui viene acquartierato il Comando Legione, presso la ex casa del Fascio, mentre la caserma fu individuata in palazzo Magnolini a Bogliacco. Vista la particolare e delicata mansione di servizi di sicurezza, vengono presi in forza del reparto le seguenti 5 compagnie autonome: IV° Cmp. "Atene", Cmp. Confinaria "Guardia del Duce", Cmp. Forestale, Cmp. "Pesaro" (ex 647° Compagnia "OP" Pesaro), Drappello Gnr Stradale, portando il numero degli effettivi a circa 950. I legionari equipaggiati con mab 38A, si distinguevano per il fez e le "M" rosse (altri reparti si fregiarono di tale ricompensa: Legione "Tagliamento", 29° battaglione CC.NN., battaglione ciclisti "Venezia Giulia" e "Leonessa") che venivano portate sul bavero della giacca. A tal riguardo teniamo a sottolineare questo particolare che dovette esser disciplinato dalle circolari del 28/04/1944 e 12/09/1944, dove veniva espressamente regolamentato l'uso della medesima: "la "M" rossa doveva essere portata sul taschino sinistro della giubba, per lasciare il posto alla mostreggiatura regolamentare con gladio ed alloro (ad eccezione della sola Guardia del Duce)". La scelta dei legionari veniva fatta direttamente dal Capo di Stato e si basava principalmente su valori d'integrità fisica e morale non comuni. Nell' Agosto 1944, dopo esser stato ferito in combattimento, il Colonnello Albonetti lascia il comando al Ten. Col. Jaculli, combattente in Africa e in Europa.

I COMANDANTI
Colonello  Albonetti Fortunato  in carica dal Settembre 1943 ad Agosto 1944
Tenente Colonello  Attilio Jaculli  in carica dall'Agosto 1944 fino allo scioglimento del reparto.


COSTITUZIONE:
Forlì, Settembre 1943
SCIOGLIMENTO:
Gargnano, 28 Aprile 1945
Tirano, 29 Aprile 1945
DISLOCAZIONI:
Rocca delle Caminate, sino all'8 Ottobre 1943
Gargnano (Brescia), Salò succesivamente
Ciclo di operazioni in Val Sabbia (solo 2° Cp/I° Btg.), gennaio-marzo 1944.
COMANDO:
Posta da Campo n. 755
COMANDANTI
Colonello Albonetti Fortunato   in carico dal Settembre 1943 ad Agosto 1944
Tenente Colonello  Attilio Jaculli in carico dall'Agosto 1944 fino allo scioglimento del reparto
UFFICIALI
Aiutante Maggiore in 1°:    Capitano Bruno Achille
Capitano Frongillo Franco, succesivamente

Ufficiale di Amministrazione:
Capitano Maccioni Luigi

Ufficiale Cappellano:
Capitano Fiorini Don Mario

Ufficiale Dirigente Serv. Sanitario:
Capitano m. Antini-Clari Dottor Pilade

Ufficiale ai Rifornimenti:
Capitano Toso Giuseppe

Ufficiale ai Viveri:
Sotto Tenente Murgia Giuseppe

Ufficiale Addetti:
Maggiore Caronti Raffaele

COMPAGNIA COMANDO
Comandante:
Capitano Pompeo Camillo

I° Battaglione
Comandante:
Capitano Ragno Carlo

II° Battaglione:
Comandante:
Capitano Mingoia Calogero

IV° COMPAGNIA "ATENE"
Comandante:
Fwb. Bohr

COMPAGNIA CONFINARIA "Guardia del Duce"
Comandante:
Capitano Colalillo Gaetano

COMPAGNIA FORESTALE
Ufficiale:
Tenente Di Rienzo

COMPAGNIA "PESARO" (ex 647° Compagnia "OP" Pesaro)
Comandante:
Capitano Pierluca Elmo

DRAPPELLO GNR Stradale (manipolo "Scorta", amministrato dal Comando Legione)
Comandante:
Brigadiere Biondi Edmondo

LA STAMPA 29 OTTOBRE 1944

CADUTI
Milite Frigerio Silvano anni 18
Rientrando da Salò (Brescia). Presso la propria abitazione di Monza, venne assassinato con un colpo alla nuca mentre era in attesa del tram in via Stefano da Seregno. Dallo zaino venne prelevato il portafogli poi svuotato dei pochi soldi corrispondenti alla decade appena percepita. Spirò nelle mani dei Monaci Olivetani dove fu trasportato in punto di morte. I due "eroici assassini" si dileguarono indisturbati in bicicletta con il loro magro bottino.   26 aprile 1945
Milite Scelto Lanzani Corrado
Nei pressi di Gropparello (Piacenza). Catturato e torturato dai guerriglieri. Gli fecero ingoiare le "M" rosse chiedendogli di rinnegare la sua fede politica. Il graduato rispose che con le "M" rosse dentro di se' avrebbe affrontato la morte con più coraggio. Allora fu legato per i piedi ad un camion e trascinato, fin quando il suo corpo, oramai straziato, spirò.    24 settembre 1944
Capo Squadra Giunchi Livio anni 30
Nato a Bertinoro (Forlì). Alle ore 22 viene assassinato, nella sua città natale, mentre tornava in famiglia. Con lui perde la vita il reggente del fascio locale, Renato Cortesi.   30 aprile 1944
Milite Albaro Raffaele anni 16
Rovato (Brescia). E' il più giovane caduto della Legione "M" Guardia del Duce.    13 giugno 1944
Milite Greppi Nello
Tirano (Sondrio), Strada statale 38. "...Mentre l'aria si riempiva di sibili e di esplosioni un Legionario M, impugnato il mitragliatore, si portò in mezzo al viale e, come fuori di sè, cominciò a tirare contro la montagna gridando; Venite fuori, vigliacchi; fatevi vedere, fatevi vedere. Venne colpito da una prima pallottola al ventre. Ma lui continuò a urlare e a sparare. Ci vollero un secondo e un terzo proiettile per farlo crollare."    27 aprile 1945
Milite Guidi Libero
Tirano (Sondrio), Strada statale 38. "...Tutto il plotone fu allineato e inquadrato, quando il viale venne spazzato da un'altra, terribile sventagliata di pallottole. Un Legionario cadde a terra come un sasso accanto al marciapiede; era morto sul colpo un proiettile gli aveva trapassato il cranio."  27 aprile 1945
Milite Giansoldati Luciano anni 21
Fidenza (Parma) , loc. Ca' de Passeri . Facente parte di una pattuglia operativa nella zona del fiume Stirone, cadeva colpito a morte per mano di ribelli. Con lui persero la vita, lo Sq. Astari Sergio e Giornelli Ferruccio entrambi facenti parte della 37a. B.N. di Parma. Da segnalare che nella triste occasione i ribelli riuscirono a catturare i Leg. Canali Dario, Casadei Raffaele e Lanzani Corrado. I primi 2 liberi in seguito a scambio di prigionieri, il Leg. Lanzani trattenuto venne poi torturato.    24 settembre 1944
Milite Beltrami Romano anni 16
Correggio, Villa S. Martino (Reggio Emilia). Una pattuglia della Guardia Nazionale Repubblicana venne inviata in servizio d'ordine, in località Ponte Nuovo di Santa Croce, sulla strada Correggio-Carpi, per controllare su di un furto che dei partigiani della zona avevano effettuato qualche giorno prima. A causa di una delazione, ( era stato comunicato l'itinerario che avrebbe compiuto la pattuglia dei giovani repubblicani ), i partigiani ebbero la possibilità di preparare al meglio l'imboscata. Beltrami raggiunse la zona con una squadra di 4 uomini, quando all'improvviso vennero circondati da soverchianti forze "ribelli" che, in breve tempo li catturarono e li uccisero con cinica freddezza. Erano le 14, 30 di quel pomeriggio, con lui quel giorno persero la vita: Allegretti Carlo (17), Cipolli Stelio (38), Schiatti Dante (17). 19 novembre 1944
Milite Rimbocchi Renzo
Fidenza (Parma) , loc. Ca' de Passeri . Uditi colpi di mortaio in direzione di Salsomaggiore, una aliquota di Legionari comandata dal Ten. Franco Aulicino si dirige in zona. Dopo aver incontrato il Leg. Garancini ferito alla bocca, vengono informati che in zona Cà de Passeri una pattuglia era stata attaccata da un gruppo di ribelli e che vi erano morti e feriti. Presi sotto il tiro di numerose armi automatiche e impossibilitati nel raggiungere i feriti si dovette aspettare l'intervento di carri armati Tedeschi per risolvere la situazione. Renzo Rimbocchi morì 3 giorni dopo per le ferite riportate in questo durissimo scontro.   27 settembre 1944

APRILE 1944 - 
GARGNANO (BRESCIA)
RENATO RICCI CON IL COMANDANTE DELLA LEGIONE "GUARDIA DEL DUCE"


Consegna della bandiera di combattimento alla” Legione M Guardia del Duce"
la donna in nero a fianco di Mussolini è una giovane vedova o madre di caduto

Il discorso di Monaco 
18 settembre 1943

Camicie Nere, Italiani e Italiane!

Dopo un lungo silenzio, ecco che nuovamente ví giunge la mia voce e sono sicuro che la riconoscerete: è la voce che vi ha chiamato a raccolta nei momenti difficili e che ha celebrato con voi le giornate trionfali della Patria.
Ho tardato qualche giorno prima di indirizzarmi a voi perché, dopo un periodo di isolamento morale, era necessario che riprendessi contatto col mondo. La radio non ammette lunghi discorsi. Senza ricordare per ora i precedenti, vengo al pomeriggio del 25 luglio, nel quale accadde quella che, nella mia già abbastanza avventurosa vita, è la più incredibile delle avventure.
II colloquio che io ebbi col Re a Vílla Savoia durò venti minuti e forse meno. Trovai un uomo col quale ogni ragionamento era impossibile, poiché egli aveva già preso le sue decisioni. Lo scoppio della crisi era imminente. E' già accaduto, in pace e in guerra, che un ministro sia dimissionario, un comandante silurato, ma è un fatto unico nella storia che un uomo il quale, come colui che vi parla, aveva per ventun anni servito il Re con assoluta, dico assoluta, lealtà, sia fatto arrestare sulla soglia della casa privata del Re, costretto a salire su una autoambulanza della Croce Rossa, col pretesto di sottrarlo ad un complotto, e condotto ad una velocità pazza, prima in una, poi in altra caserma dei carabinieri. Ebbi subito l'impressione che la protezione non era in realtà che un fermo. Tale impressione crebbe, quando da Roma fui condotto a Ponza e successivamente mi convinsi, attraverso le peregrinazioni da Ponza alla Maddalena e dalla Maddalena al Gran Sasso, che il piano progettato contemplava la consegna della mia persona al nemico. Avevo però la netta sensazione, pur essendo completamente isolato dal mondo, che il Fuhrer si preoccupava della mia sorte. Goering mi mandò un telegramma più che cameratesco, fraterno. Più tardi il Fuhrer mi fece pervenire una edizione veramente monumentale dell'opera di Nietzsche. La parola "fedeltà" ha un significato profondo, inconfondibile, vorrei dire eterno, nell'anima tedesca, è la parola che nel collettivo e nell'individuale riassume il mondo spirituale germanico.
Ero convinto che ne avrei avuto la prova. Conosciute le condizioni dell'armistizio, non ebbi più un minuto di dubbio circa quanto si nascondeva nel testo dell'articolo 12. Del resto, un alto funzionario mi aveva detto: "Voi siete un ostaggio". 
Nella notte dall'11 al 12 settembre feci sapere che i nemici non mi avrebbero avuto vivo nelle loro mani. C'era nell'aria limpida attorno all'imponente cima del monte, una specie di aspettazione. Erano le 14 quando vidi atterrare il primo aliante, poi successivamente altri: quindi, squadre di uomini avanzarono verso il rifugio decisi a spezzare qualsiasi resistenza. Le guardie che mi vegliavano lo capirono e non un colpo partì. Tutto è durato 5 minuti: l'impresa rivelatrice dell'organizzazione e dello spirito di iniziativa e della decisione tedesca rimarrà memorabile nella storia della guerra. Col tempo diverrà leggendaria. Qui finisce il capitolo che potrebbe essere chiamato il mio dramma personale, ma esso è un ben trascurabile episodio di fronte alla spaventosa tragedia in cui il governo democratico liberale e costituzionale del 25 luglio ha gettato l'intera nazione. Non credevo in un primo tempo che il governo del 25 luglio avesse programmi cosi catastrofici nei confronti del partito, del regime, della nazione stessa. Ma dopo pochi giorni le prime misure indicavano che era in atto l'applicazione di un programma tendente a distruggere l'opera compiuta dal regime durante venti anni ed a cancellare vent'anni di storia gloriosa che aveva dato all'Italia un impero ed un posto che non aveva mai avuto nel mondo. Oggi, davanti alle rovine, davanti alla guerra che continua noi spettatori sul nostro territorio taluno vorrebbe sottilizzare per cercare formule di compromesso e attenuanti per quanto riguarda le responsabilità e quindi continuare nell'equivoco. Mentre rivendichiamo in pieno la nostra responsabilità, vogliamo precisare quelle degli altri a cominciare dal Capo dello Stato, essendosi scoperto che, non avendo abdicato, come la maggioranza degli italiani si attendeva, può e deve essere chiamato direttamente in causa. E' la stessa dinastia che, durante tutto il periodo della guerra, pur avendola il Re dichiarata, è stata l'agente principale del disfattismo e della propaganda antitedesca. Il suo disinteresse all'andamento della guerra, le prudenti e non sempre prudenti riserve mentali, si prestarono a tutte le speculazioni del nemico mentre l'erede, che pure aveva voluto assumere il comando delle armate del sud, non è mai comparso sui campi di battaglia. Sono ora più che mai convinto che casa Savoia ha voluto, preparato, organizzato anche nei minimi dettagli il colpo di stato, complice ed esecutore Badoglio, complici taluni generali imbelli ed imboscati e taluni invigliacchiti elementi del fascismo. Non può esistere alcun dubbio che il Re ha autorizzato, subito dopo la mia cattura, le trattative dell'armistizio, trattative che forse erano già incominciate tra le due dinastie di Roma e di Londra. E' stato il Re che ha consigliato i suoi complici di ingannare nel modo più miserabile la Germania, smentendo anche dopo la firma che trattative fossero in corso. E' il complesso dinastico che ha premeditato ed eseguito le demolizioni del regime che pur vent'anni fa l'aveva salvato e creato il potente diversivo interno a base del ritorno dello Statuto del 1848 e della libertà protetta dallo stato d'assedio. Quanto alle condizioni dell'armistizio, che dovevano essere generose, sono tra le più dure che la storia ricordi. Il Re non ha fatto obbiezioni di sorta nemmeno, ben inteso, per quanto riguardava la premeditata consegna della mia persona al nemico. E' il Re che ha, con il suo gesto, dettato dalla preoccupazione per l'avvenire della sua Corona, creata per l'Italia una situazione di caos, di vergogna interna, che si riassume nei seguenti termini: in tutti i continenti, dalla estrema Asia all'America, si sa che cosa significhi tener fede ai patti da parte di casa Savoia. Gli stessi nemici, ora che abbiamo accettata la vergognosa capitolazione, non ci nascondono il loro disprezzo, né potrebbe accadere diversamente. L'Inghilterra, ad esempio, che nessuno pensava di attaccare e specialmente il Fuhrer non pensava di farlo è scesa in campo, secondo le affermazioni di Churchill, per la parola data alla Polonia. D'ora innanzi può accadere che anche nei rapporti privati ogni italiano sia sospettato. Se tutto ciò portasse conseguenze solo per il gruppo dei responsabili, il male non sarebbe grave; ma non bisogna farsi illusioni: tutto ciò viene scontato dal popolo italiano, dal primo all'ultimo dei suoi cittadini. Dopo l'onore compromesso, abbiamo perduto, oltre i territori metropolitani occupati e saccheggiati dal nemico, anche, e forse per sempre, tutte le nostre posizioni adriatiche, joniche, egee e francesi che avevamo conquistato non senza sacrifici di sangue. II regio Esercito si è quasi dovunque rapidamente sbandato. E niente è più umiliante che essere disarmato da un alleato tradito tra lo scherno delle popolazioni. Questa umiliazione deve essere stata soprattutto sanguinosa per quegli ufficiali e soldati che si erano battuti da valorosi accanto ai loro camerati tedeschi su tanti campi di battaglia. Negli stessi cimiteri di Africa e di Russia, dove soldati italiani e tedeschi riposano insieme, dopo l'ultimo combattimento, deve essere stato sentito il peso di questa ignominia. La regia Marina, costruita tutta durante il ventennio fascista, si è consegnata al nemico, in quella Maita che costituiva e più ancora costituirà la minaccia permanente contro l'Italia e il caposaldo dell'imperialismo inglese nel Mediterraneo. Solo l'aviazione ha potuto salvare buona parte del suo materiale, ma anch'essa è praticamente disorganizzata. Queste sono le responsabilità indiscutibili, documentate irrefutabilmente anche nel discorso del Fuhrer, il quale ha narrato, ora per ora, l'inganno teso alla Germania, inganno rafforzato dai micidiali bombardamenti che gli angloamericani, d'accordo col governo di Badoglio, hanno continuato, malgrado la firma dell'armistizio, contro grandi e piccole città dell'Italia centrale. Date queste condizioni, non è il regime che ha tradito la monarchia, ma è la monarchia che ha tradito il regime, tanto che oggi è decaduta nelle coscienze del popolo ed è semplicemente assurdo supporre che ciò possa compromettere minimamente la compagine unitaria del popolo italiano. Quando una monarchia manca a quelli che sono i suoi compiti, essa perde ogni ragione di vita. Quanto alle tradizioni, ve ne sono più repubblicane che monarchiche: più che dai monarchici, l'unità e l'indipendenza d'Italia fu voluta, contro tutte le monarchie più o meno straniere, dalla corrente repubblicana che ebbe il suo puro e grande apostolo in Giuseppe Mazzini. Lo Stato che noi vogliamo instaurare sarà nazionale e sociale nel senso più lato della parola: sarà cioè fascista nel senso delle nostre origini. Nell'attesa che il movimento si sviluppi fino a diventare irresistibile, i nostri postulati sono i seguenti:
1) riprendere le armi a fianco della Germania, del Giappone e degli altri alleati: soltanto il sangue può cancellare una pagina così obbrobriosa nella storia della Patria;
2) preparare, senza indugio, la riorganizzazione delle nostre Forze Armate attorno alle formazioni della Milizia; solo chi è animato da una fede e combatte per una idea non misura l'entità del sacrificio;
3) eliminare i traditori e in particolar modo quelli che fino alle 21,30 del 25 luglio militavano, talora da parecchi anni, nelle file del partito e sono passati nelle file del nemico;
4) annientare le plutocrazie parassitarie e fare del lavoro, finalmente, il soggetto dell'economia e la base infrangibile dello Stato.
Camicie Nere fedeli di tutta Italia!
Io vi chiamo nuovamente al lavoro e alle armi. L'esultanza del nemico per la capitolazione dell'Italia non significa che esso abbia già la vittoria nel pugno, poiché i due grandi imperi Germania e Giappone non capitoleranno mai. Voi, squadristi, ricostituite i vostri battaglioni che hanno compiuto eroiche gesta. Voi, giovani fascisti, inquadratevi nelle divisioni che debbono rinnovare, sul suolo della Patria, la gloriosa impresa di Bir el Cobi. Voi, aviatori, tornate accanto ai vostri camerati tedeschi ai vostri posti di pilotaggio, per rendere vana e dura l'azione nemica sulle nostre città. Voi, donne fasciste, riprendete la vostra opera di assistenza morale e materiale, così necessaria al popolo. Contadini, operai e piccoli impiegati, lo Stato che uscirà dall'immane travaglio sarà il vostro e come tale lo difenderete contro chiunque sogni ritorni impossibili. La nostra volontà, il nostro coraggio e la vostra fede ridaranno all'Italia il suo volto, il suo avvenire, le sue possibilità di vita e il suo posto nel mondo. Più che una speranza, questa deve essere, per voi tutti, una suprema certezza.
Viva l'Italia! Viva il Partito Fascista Repubblicano!

SALO' LA DISLOCAZIONE DELLA CASERMA 
DELLA GUARDIA AL N° 12

SALO' EX ALBERGO ITALIA 
CASA DEL FASCIO E SEDE DELLA GUARDIA DEL DUCE

BOGLIACCO PALAZZO MAGNOLINI
LA CASERMA DELLA GUARDIA DEL DUCE





















Gargnano 1944
Tra ali di folla festante, Mussolini e Graziani sono aiutati
 dal Gen. Nicchiarelli e dal Ten. Col. Jaculli

Gargnano ( Brescia ), Novembre 1943
Una immagine di Mussolini durante la visita all’asilo locale

Gargnano 1944.
Un giovanissimo S.Ten. marcia inquadrato con il suo plotone

Forlì 1943.
Cambio della Guardia alla Rocca delle Caminate

Legionari della Guardia a Villa Feltrinelli. Presentat arm!


OTTOBRE 1943
Tenente Colonnello Attilio Jaculli comandante legionari "M GUARDIE DEL DUCE"

27 APRILE 1945-TIRANO (SONDRIO)
Qui i Legionari della Guardia del Duce, Compagnia Pesaro
 risposero al duro fuoco proveniente dalla montagna.